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Il poeta medita sull'estraneità del mondo nell'estraneità del canto, cioè da una prospettiva che è già un superamento di quella - altrimenti non canterebbe - ma accogliendo nel proprio stupore, per purificarle nel dolore, le esperienze della vita alienata. Dato che dal suo punto di vista l'alienazione attuale è prodotta dal falso o differito confronto dell'uomo col suo autentico - possibile - essere, dalla fuga davanti alle sue possibilità di auto creazione, in grado di manifestarsi come autentiche solo nell'accettazione dei suoi limiti, della sua condizione umana, della sua caducità ecc., il poeta ricorda al proprio io complementare tutti quei possibili modelli di salvezza che sono a loro volta trascrizioni di vicende autenticamente umane, illuminazioni che l'uomo suole vivere a volte dentro la sua alienazione, allorché si dimentica - attraverso la sofferenza o per caso - dei suoi falsi dei, e che raccolgono - producono - il canto.